Rampello: «Una Triennale in Cina e facciamo rete a Milano»
Non voci soliste, ma un vero e proprio concerto. Capace di mettere idealmente insieme musei (da quello del Novecento al progetto appena presentato da BancaIntesa), biblioteche (dalla Braidense all' Ambrosiana), agenzie culturali (come le gallerie d' arte), negozi di moda e design, ristoranti e festival come Mito, teatri d' opera e di prosa. L' idea che Davide Rampello, presidente della Triennale, propone oggi per Milano e per la stessa Triennale sembra voler puntare (certo) sulla ricchezza delle proposte, ma anche voler esigere impegno e sostegno «da parte delle istituzioni». Riservando comunque alla Triennale «Il ruolo di leadership e di guida che storicamente e culturalmente le spetta».

Nel suo studio affacciato sul parco, Rampello racconta come, secondo lui, sia stato proprio questo «concerto di eccellenze» ad aver stregato i visitatori dell' ultimo Expo di Shanghai (43mila i passaggi al giorno nello stand italiano, il secondo in assoluto per presenze dopo quello cinese), affascinati dalla miscela «di Palladio e del design, del classicismo e dell' innovazione, dell' eccellenza e dell' high-tech». Un effetto di seduzione che, superando i confini del semplice evento, ha fatto decidere al governo cinese di mantenere in piedi, tra i padiglioni di quest' Expo, anche quello italiano, l' unico a rimanere però «nazionale», diventando il fulcro (con tanto di ristorante) di uno spazio made in Italy al centro della nuova area residenziale e verde di Shanghai.
A inaugurarlo, a fine anno, una mostra (l' allestimento è di Pier Luigi Cerri), guarda caso, sulle eccellenze curata sempre dalla Triennale dove si potrà scoprire che «il contemporaneo italiano è ormai qualcosa di classico» e che «il nostro Paese è in grado oggi di proporre qualcosa che non sia la solita bellezza classica, ma anche il moderno». In mostra («I tempi sono strettissimi: le scelte devono essere fatte entro la fine di luglio») ci saranno così la Ferrari (con tanto di sfondo rosso pompeiano) e i simboli del legame tra Cina e l' Italia (lacche, ceramiche, oggetti, le testimonianze di Venezia e di Marco Polo, i portolani, la prima edizione del Milione), la moda e il design. «L' idea - spiega Rampello - è rappresentare l' immagine più seduttiva del Belpaese. Magari puntando, come fa di solito la Triennale, su una cura particolare della messa in scena».
La Triennale, nelle parole di Rampello, sembra voler costantemente ribadire il proprio destino di incubatore d' arte. Sfruttando quelle caratteristiche che una recente ricerca ha individuato come «punti di forza»: la location (bella e istituzionale); il suo essere un simbolo assai legato al territorio, il suo essere indissolubilmente legata al Made in Italy. Spiega Rampello: «La ricerca ha indicato che sul territorio milanese non esistono istituzioni culturali in grado di rivaleggiare con la Triennale. Se si esclude, naturalmente la Scala, ma quello non è un vero competitor, perché la conoscono anche sulle isole Fiji. Oltretutto possiamo contare su un gradimento altissimo (il 75 per cento) e su un marchio con un valore stimabile intorno ai tre milioni di euro». Più volte nelle parole di Rampello si torna su questi concetti di incubatore, di eccellenza e di simbolo.
Un simbolo che può spostare 550mila visitatori all' anno alla Triennale e 42mila nella succursale dell' Ex Bovisa: «uno spazio che è stato completamente reinventato ma che ora risulta essere la parte più toccata dalla crisi, anche se sarebbe proprio quello lo spazio dove si potrebbe cercare nel modo migliore il legame contemporaneo tra cultura e impresa, quello che può rappresentare al meglio l' idea stessa d' Italia, quello che potrebbe addirittura diventare una sorta di sportello per il lavoro».
Intanto, in occasione dell' Expo 2015, stiamo lavorando, dice Rampello (in scadenza di mandato a fine anno, ma in precedenza sempre riconfermato) «sul tema dell' alimentazione, su una sorta di teatralizzazione della via dell' acqua e del latte, su un progetto bellissimo che coinvolgerà personaggi come Scurati e Balestrini e che in qualche modo ribadirà quel legame speciale della Triennale con il teatro, lo stesso che all' epoca ci ha spinti a riaprire il Teatro dell' arte, facendolo diventare qualcosa di integrato con l' attività della stessa Triennale». Torna dunque ancora una volta l' idea di incubatore culturale, o meglio ancora colto, dove ci sia la possibilità di dare spazio anche al sociale, dove tutte le voci siano prese in considerazione, dove ospitare un laboratorio sulle arti, sullo stile, sull' eleganza. E su tutto quello che continua ad essere il made in Italy.
L' importante è riuscire ad amalgamare tutte queste esigenze. Dare, insomma, voce a quel concerto. E qui arriva la doccia fredda: dopo l' incidente della succursale della Triennale chiusa a New York («No comment, ma non ho ancora perso le speranze») il laboratorio della Bovisa è quello che potrebbe subire i maggiori ridimensionamenti: «Con i recenti tagli, mancano i fondi (per la gestione servono intorno ai 500mila euro all' anno ndr), ma confido sulla sensibilità del Comune e delle istituzioni. Non credo ci vorrebbe tanto, basterebbe che tutti rispettassero gli impegni presi».
Su questo fronte, Stefano Boeri, neoassessore alla Cultura al Comune di Milano, sottolinea «il ruolo fondamentale avuto da Rampello nel recupero e nella valorizzazione della Triennale, ma parla anche di un debito serio». Accennando anche ad una sua idea per la Triennale: «Non voglio che rimanga solo una location di mostre e eventi, per quanto una location eccellente. Mi piacerebbe che tornasse ad essere il luogo più importante per l' architettura in Italia, che insomma riprendesse quel ruolo che oggi hanno la Biennale di Venezia e il Maxxi di Roma. Insomma, sto pensando ad una nuova esposizione dedicata alle arti decorative». In qualche modo è un ritorno alle origini: la Triennale nasce appunto come mostra nel 1923, prima biennale e poi appunto Triennale, prima a Monza e poi a Milano, nel palazzo dell' Arte progettato da Muzio.
I tempi? «Magari già nel 2012 per poi replicare nel 2015, con l' Expo». Un' idea («Di cui ho parlato anche con Davide») che spingerebbe ancora una volta nella direzione voluta dallo stesso Rampello: quella della Triennale come un incubatore d' arte e di cultura nel cuore della città.
fonte Corriere della Sera, 5 luglio 2011
Rampello: «Una Triennale in Cina e facciamo rete a Milano»
N on voci soliste, ma un vero e proprio concerto. Capace di mettere idealmente insieme musei (da quello del Novecento al progetto appena presentato da BancaIntesa), biblioteche (dalla Braidense all' Ambrosiana), agenzie culturali (come le gallerie d' arte), negozi di moda e design, ristoranti e festival come Mito, teatri d' opera e di prosa. L' idea che Davide Rampello, presidente della Triennale, propone oggi per Milano e per la stessa Triennale sembra voler puntare (certo) sulla ricchezza delle proposte, ma anche voler esigere impegno e sostegno «da parte delle istituzioni». Riservando comunque alla Triennale «Il ruolo di leadership e di guida che storicamente e culturalmente le spetta». Nel suo studio affacciato sul parco, Rampello racconta come, secondo lui, sia stato proprio questo «concerto di eccellenze» ad aver stregato i visitatori dell' ultimo Expo di Shanghai (43mila i passaggi al giorno nello stand italiano, il secondo in assoluto per presenze dopo quello cinese), affascinati dalla miscela «di Palladio e del design, del classicismo e dell' innovazione, dell' eccellenza e dell' high-tech». Un effetto di seduzione che, superando i confini del semplice evento, ha fatto decidere al governo cinese di mantenere in piedi, tra i padiglioni di quest' Expo, anche quello italiano, l' unico a rimanere però «nazionale», diventando il fulcro (con tanto di ristorante) di uno spazio made in Italy al centro della nuova area residenziale e verde di Shanghai. A inaugurarlo, a fine anno, una mostra (l' allestimento è di Pier Luigi Cerri), guarda caso, sulle eccellenze curata sempre dalla Triennale dove si potrà scoprire che «il contemporaneo italiano è ormai qualcosa di classico» e che «il nostro Paese è in grado oggi di proporre qualcosa che non sia la solita bellezza classica, ma anche il moderno». In mostra («I tempi sono strettissimi: le scelte devono essere fatte entro la fine di luglio») ci saranno così la Ferrari (con tanto di sfondo rosso pompeiano) e i simboli del legame tra Cina e l' Italia (lacche, ceramiche, oggetti, le testimonianze di Venezia e di Marco Polo, i portolani, la prima edizione del Milione), la moda e il design. «L' idea - spiega Rampello - è rappresentare l' immagine più seduttiva del Belpaese. Magari puntando, come fa di solito la Triennale, su una cura particolare della messa in scena». La Triennale, nelle parole di Rampello, sembra voler costantemente ribadire il proprio destino di incubatore d' arte. Sfruttando quelle caratteristiche che una recente ricerca ha individuato come «punti di forza»: la location (bella e istituzionale); il suo essere un simbolo assai legato al territorio, il suo essere indissolubilmente legata al Made in Italy. Spiega Rampello: «La ricerca ha indicato che sul territorio milanese non esistono istituzioni culturali in grado di rivaleggiare con la Triennale. Se si esclude, naturalmente la Scala, ma quello non è un vero competitor, perché la conoscono anche sulle isole Fiji. Oltretutto possiamo contare su un gradimento altissimo (il 75 per cento) e su un marchio con un valore stimabile intorno ai tre milioni di euro». Più volte nelle parole di Rampello si torna su questi concetti di incubatore, di eccellenza e di simbolo. Un simbolo che può spostare 550mila visitatori all' anno alla Triennale e 42mila nella succursale dell' Ex Bovisa: «uno spazio che è stato completamente reinventato ma che ora risulta essere la parte più toccata dalla crisi, anche se sarebbe proprio quello lo spazio dove si potrebbe cercare nel modo migliore il legame contemporaneo tra cultura e impresa, quello che può rappresentare al meglio l' idea stessa d' Italia, quello che potrebbe addirittura diventare una sorta di sportello per il lavoro». Intanto, in occasione dell' Expo 2015, stiamo lavorando, dice Rampello (in scadenza di mandato a fine anno, ma in precedenza sempre riconfermato) «sul tema dell' alimentazione, su una sorta di teatralizzazione della via dell' acqua e del latte, su un progetto bellissimo che coinvolgerà personaggi come Scurati e Balestrini e che in qualche modo ribadirà quel legame speciale della Triennale con il teatro, lo stesso che all' epoca ci ha spinti a riaprire il Teatro dell' arte, facendolo diventare qualcosa di integrato con l' attività della stessa Triennale». Torna dunque ancora una volta l' idea di incubatore culturale, o meglio ancora colto, dove ci sia la possibilità di dare spazio anche al sociale, dove tutte le voci siano prese in considerazione, dove ospitare un laboratorio sulle arti, sullo stile, sull' eleganza. E su tutto quello che continua ad essere il made in Italy. L' importante è riuscire ad amalgamare tutte queste esigenze. Dare, insomma, voce a quel concerto. E qui arriva la doccia fredda: dopo l' incidente della succursale della Triennale chiusa a New York («No comment, ma non ho ancora perso le speranze») il laboratorio della Bovisa è quello che potrebbe subire i maggiori ridimensionamenti: «Con i recenti tagli, mancano i fondi (per la gestione servono intorno ai 500mila euro all' anno ndr), ma confido sulla sensibilità del Comune e delle istituzioni. Non credo ci vorrebbe tanto, basterebbe che tutti rispettassero gli impegni presi». Su questo fronte, Stefano Boeri, neoassessore alla Cultura al Comune di Milano, sottolinea «il ruolo fondamentale avuto da Rampello nel recupero e nella valorizzazione della Triennale, ma parla anche di un debito serio». Accennando anche ad una sua idea per la Triennale: «Non voglio che rimanga solo una location di mostre e eventi, per quanto una location eccellente. Mi piacerebbe che tornasse ad essere il luogo più importante per l' architettura in Italia, che insomma riprendesse quel ruolo che oggi hanno la Biennale di Venezia e il Maxxi di Roma. Insomma, sto pensando ad una nuova esposizione dedicata alle arti decorative». In qualche modo è un ritorno alle origini: la Triennale nasce appunto come mostra nel 1923, prima biennale e poi appunto Triennale, prima a Monza e poi a Milano, nel palazzo dell' Arte progettato da Muzio. I tempi? «Magari già nel 2012 per poi replicare nel 2015, con l' Expo». Un' idea («Di cui ho parlato anche con Davide») che spingerebbe ancora una volta nella direzione voluta dallo stesso Rampello: quella della Triennale come un incubatore d' arte e di cultura nel cuore della città.