L' Olimpico di Palladio era piccolo - Un“abuso edilizio”nel cortile consentì a Scamozzi di allargare la scena da uno a tre archi

Articolo di Guido Beltramini*direttore del Centro internazionale studi d’architettura Andrea Palladio  
da IL GIORNALE DI VICENZA 19/07/2016
 
Un“abuso edilizio”nel cortile consentì a Scamozzi di allargare la scena da uno a tre archi.
Lo rivela una mappa del Chiericati restaurata dalla Fondazione Roi

Andrea Palladio muore nell’agosto del 1580, solo sette mesi dopo aver cominciato la progettazione del teatro Olimpico. Saranno suo figlio Silla e Vincenzo Scamozzi a completare il progetto palladiano: ma lo fecero in modo fedele o alterarono l’idea originaria? Su questa domanda si sono arrovellati per secoli i palladianisti, in particolare sulle scenografie prospettiche oltre la grandiosa scena. Pensate che fino a una cinquantina d’anni fa non tutti gli studiosi erano convinti che fosse Scamozzi, e non Palladio, l’autore delle scenografie delle sette vie di Tebe, realizzate per la prima rappresentazione, l’Edipo Re, e poi divenute permanenti. Se oggi siamo ragionevolmente certi che siano di Scamozzi è grazie a un grande vicentino, Licisco Magagnato e ad una mappa del 1599.

Andiamo per ordine. Nel 1951 Magagnato pubblica sul giornale del Warburg Institute di Londra un articolo intitolato "The Genesis of the Teatro Olimpico" dove affronta il tema della costruzione del teatro vicentino e che inaugura una serie di studi che lo porteranno al volume del Corpus Palladianum dedicato all’Olimpico, uscito purtroppo postumo per la morte dell’autore nel 1992.

In quest’ultimo testo, scritto a più mani, Magagnato fa analizzare scientificamente le murature del teatro, riuscendo a distinguere fra le
parti medievali, appartenenti all’antico castello, ed i muri fatti costruire da Palladio e, successivamente, da Scamozzi.
Nell’analisi emerge l’ipotesi che già Palladio avesse previsto delle prospettive tridimensionali, ma solo per il grande arco centrale (in linguaggio tecnico, porta regia), mentre nelle altre due aperture (i due hospitalia) avesse probabilmente optato per prospettive dipinte su telai, come nei teatri romani antichi.
Questa idea è confortata da una preziosa mappa riferibile al 1585, che registra la planimetria dell’edificio fortificato posto a difesa del fiume
accanto a ponte degli Angeli, dove nel 1580 venne inserito il teatro degli Accademici Olimpici. La mappa è redatta nell’ambito di una contesa sull’uso degli spazi, che in parte appartenevano alla città ed in parte alla Serenissima. Il disegno evidenzia come i “Cademici” avessero “disurpato” parte di un cortile e una sala di pertinenza veneziana.
E’ soprattutto l’ “abuso edilizio” del cortile ad essere prezioso per noi. Se guardate il disegno, vedrete infatti che una linea nera tocca lo spigolo sinistro dell’esterno della scena palladiana: è chiaramente il confine del lotto originariamente disponibile a Palladio per edificare il teatro. Oltre la linea nera,
una doppia linea indica invece l’andamento dei muri “scamozziani” costruiti per contenere le sette vie di Tebe, compreso l’abside rotondo in corrispondenza della più estesa via centrale. Ciò significa che Palladio non disponeva fisicamente del terreno per costruire tutte le prospettive, terreno che viene successivamente “disurpato da li Cademici” - come si legge nella mappa - per guadagnare lo spazio necessario.
Incrociando i dati con le indagini sulle murature, abbiamo quindi le prove che Palladio prevedette solo la prospettiva centrale.
Ma l’importanza della mappa risiede anche nella possibilità che ci offre di conoscere l’uso del teatro in quegli anni. Il giardino che oggi è unitario, nel 1585 era frazionato in più corti irregolari, dove venivano messi “a solegiar” la polvere da sparo e le corazze della guarnigione, che divideva lo spazio con gli Accademici. Al teatro si entrava da quattro porte (due per la cavea, due per l’orchestra), con ingresso diversificato fra accademici e semplici cittadini. L’Odeo Olimpico ancora non esisteva (sarà realizzato all’inizio del Seicento) e al suo posto troviamo la “cusina de li Cademici”, il “loco per i musichi per cantar” e altre camere e sale. L’ultima camera davanti alla torre “dove si ritiene la polvere ” risulta anch’essa usurpata dall’Accademia ai danni della Serenissima. A rendere ancora più preziosa la mappa, vi è una scritta di mano di Vincenzo Scamozzi:
precisa che si tratta di una copia, fatta nel luglio del 1599, di un disegno originale del 1585. Evidentemente Scamozzi, autore non solo delle prospettive dell’Olimpico ma anche del teatro Ducale di Sabbioneta, raccoglie sul finire del secolo del materiale di studio relativo al progetto vicentino, forse in vista di una pubblicazione.

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